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Una parte della scuola, della formazione, è in crisi: convergono da più parti le considerazioni sulle problematiche della formazione scolastica, che non risponderebbe più alle esigenze della nuova società.  Biondi nel testo "la scuola dopo le nuove tecnologie" del 2007 ci dice che la scuola di massa, costruita per soddisfare le esigenze della società industriale, non può soddisfare le esigenze di una società profondamente mutata: la società dell’informazione. 

 

Nel 2001 Antinucci, con "La scuola si è rotta", parla di una scuola che non è al passo con i tempi e la società odierna e che non sa rispondere ai bisogni degli apprendenti. Nel testo propone un “cambiamento copernicano” che comprende il cambiamento dei cicli scolastici e del ruolo dell’insegnante.  

Già nel 1987 L. B. Resnick, analizza le differenze tra l’apprendimento scolastico e quello conseguito in contesti informali o non formali, e quale ruolo possa assumere la scuola per preparare le persone ad adattarsi alle varie situazioni e a partecipare alla vita sociale sempre più complessa. Propone lo sviluppo di modelli di formazione che abbandonino il classico metodo scolastico trasmissivo, individualista, astratto, simbolico e decontestualizzato, che non funziona più, per tornare al modello formativo dell’apprendistato.

Un altro postulato che concorre a "rompere" la scuola è il seguente: la rete, fuori dall'aula, ha dato la possibilità ai nuovi studenti di accedere in modo autonomo alla conoscenza e di sviluppare modi e strategie di apprendimento diverse da quelle simbolico-ricostruttive proposte dalla scuola.  I ragazzi, che utilizzano le tecnologie in modo creativo, a volte pervasivo, al di fuori delle istituzioni formative a volte si trovano a non poter utilizzare gli strumenti tecnologici, o ad utilizzarli con le modalità trasmissive consuete. In altri casi l'utilizzo delle nuove tecnologie è stato relegato all'aula informatica, spesso arredata con i banchi disposti in file, con la cattedra dove risiede la postazione dell’insegnante.

La scuola dovrebbe garantire il successo formativo degli alunni, questo significa che dovrebbe "formarli" a vivere nella nuova società che richiede di saper interpretare criticamente le informazioni e cambiamenti; concorrere, quindi a forgiare una "Testa ben fatta".

Le proposte progettuali che vengono attualmente avanzate sono per lo più legate alle mode o ai "Metodi" del momento; le nuove tecnologie spesso sono viste come portatrici di innovazione, dotate di proprietà intrinseche di motivazione, facilitatrici di apprendimento, magicamente formative. 

L'evidenza ci informa che qualsiasi strumentazione tecnologica non può garantire il successo formativo o il raggiungimento di determinati obiettivi, essi, infatti, sono fortemente influenzati dalle persone, dalla relazione educativa che si instaura tra loro e dai comportamenti comunicativi[1].

Naturalmente non sono solo questi i fattori che incidono nella formazione, ce ne sono altri al di fuori del controllo dell'educatore: situazione sociale, culturale, influenza della famiglia e dell'ambiente, fattori legati alla situazione di partenza e così via. 

La comunicazione, però, rientra tra i parametri sui quali la scuola può incidere più profondamente, passando da una comunicazione trasmissiva, che prevede un apprendimento "imitativo", ad una comunicazione formativa, generativa di saperi. La comunicazione formativa è la comunicazione che contribuisce ad orientare il processo di costruzione e condivisione della conoscenza, che agevola la formazione dell'intelligenza "critica" che sa analizzare le informazioni e ricavarne opinioni personali e creare nuova conoscenza.

[1] Communication Strategies Lab, (2012) Realtà aumentate: Esperienze, strategie e contenuti per l'Augmented Reality Trebaseleghe (PD), Apogeo pag. 228

La crisi della scuola e la comunicazione formativa

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